Il sorriso
Il sorriso che si apre, quei 28 denti che non vedi mai e invece esistono, mostrati felici solo in quelle rare occasioni. Ti chiedi, da osservatore esterno, quale miracolo porti l’adolescente ombroso a divenire, in un battito d’ali, l’estroverso ragazzo accogliente ed attento agli altri.
Altri, peraltro, che nemmeno conosce bene, visto che li ha incontrati solo una volta.
Guardando il gruppo di quindicenni che si sta formando, esploratori al terzo o quarto anno pronti per il loro secondo campetto di preparazione al Jamboree, li vedi stare come topi nel formaggio.
A loro agio, confidenti. Mentre scrivo realizzo che è forse proprio la confidenza – nel senso esteso del termine: condizione propria di chi ha fede e speranza in altri – che genera la differenza di comportamento.
E mi interrogo, da genitore e da scout, se faccio sempre del mio meglio nel gesto quotidiano per costruire l’ambiente in cui i ragazzi – figli, esploratori, rover – possano essere pienamente confidenti. In cui l’errore non sia colpa ma crescita, forse tentativo mal riuscito di emancipazione.
Uno psicologo del secolo scorso ha descritto il comportamento (C – l’insieme delle azioni) come risultato di una funzione che comprende la persona (P – carattere, valori, paure, conoscenze…) e l’ambiente, inteso come gruppo coerente di riferimento (A – famiglia, scout, scuola, lavoro…).
Una formula, insomma: C=f(P,A). Non dovrebbe sorprendere quindi che la stessa persona si possa comportare diversamente al cambiare dell’ambiente. E invece guardo gli occhi sorridenti di quei ragazzi e provo un profondo senso di soddisfazione, di gratitudine, come raramente accade.
L’essenza dello scoutismo, la sua anima profonda è forse proprio questa: il senso di confidente pienezza nel percorrere insieme ad altri un pezzo di strada. Per noi adulti è l’appagamento per aver contribuito a creare un pezzetto di quel sentiero.
Carlo Musacchio, CNGEI Colli Albani