7 domande a Mario Sica – Intervista
Intervista allo scout Mario Sica
Chi è Mario Sica?
In breve possiamo dire di lui che è:
- Un diplomatico a riposo, già Ambasciatore e Direttore Generale nella Farnesina per i Paesi dell’Asia, dell’Oceania, del Pacifico e Antartide;
- Una persona che si è impegnata attivamente per la pace nei Paesi dove ha operato;
E per noi Scout chi è Mario Sica?
- Il curatore dell’edizione italiana degli scritti di Robert Baden-Powell (BP);
- L’autore di numerosi libri, anche Scout, tradotti in diverse lingue;
- Il maggior storico della Scautismo in Italia (la sua “Storia dello Scautismo in Italia” è il testo fondamentale per chi vuol conoscere la storia del Movimento scout nel nostro Paese);
- Un fondatore di Gruppi Scout ed un Dirigente conosciuto ed apprezzato a livello internazionale;
- L’unico scout Italiano insignito del Lupo di Bronzo, massima onorificenza concessa dal WOSM.
In definitiva direi che Mario è un Uomo, un Intellettuale ed in quanto scout è un Patrimonio di tutto lo Scautismo Italiano. (https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Sica )
Cominciamo:
1) In una recente intervista il filosofo Massimo Cacciari ha detto che ”la tradizione è una corrente molteplice, attraversata da un numero infinito di affluenti, è un continuo tradursi e rinnovarsi.”
Parlando dello Scautismo, come intendi, tu, la tradizione nel Movimento?
La definizione di Massimo Cacciari – personalità che stimo molto – mi pare piuttosto relativistica se applicata allo scautismo. Senza voler peccare nel senso opposto, mi pare però che la tradizione scout debba anzitutto caratterizzarsi per il riferimento a B-P. Per questo, come ben sai, il mio sforzo è stato, per oltre mezzo secolo, di riscoprire e di far riscoprire le fonti del pensiero di B-P e di riferirmi ad esso. Mi sembra pertanto più applicabile allo scautismo, con riferimento al pensiero di B-P, la definizione che della tradizione dava Papa Montini applicandola alla Chiesa: “è la luce alle nostre spalle che illumina il sentiero da percorrere”.
Per il resto, dato che lo scautismo è un movimento mondiale, per di più con una forte componente di giovani, è vero anche che la tradizione scout non è più monolitica, ma ha un gran numero di affluenti, ed è “un continuo tradursi e rinnovarsi”. Pensiamo per esempio al concetto di “comunità” (comunità di Branco, di Reparto; comunità dei Capi; comunità associativa) che ormai molte associazioni pongono in vario modo alla base del loro metodo educativo o, come si suol dire con linguaggio più moderno, “della loro proposta educativa”. È uno sviluppo certamente nuovo, ma non contraddittorio col pensiero di B-P.
2) In Italia, assieme alle “storiche” AGESCI, FSE, CNGEI e ASSORAIDER, citate in ordine di consistenza numerica, sembrano prosperare una miriade di piccole realtà scout, spesso fuoriuscite dalle associazioni maggiori e/o legate a leader locali, alcune delle quali sono tra loro federate (vedi FEDERSCOUT, WFIS etc..).
Secondo te, questa realtà, nella sua frammentazione, è un indice di vitalità del Movimento e del suo metodo o un indizio di debolezza di come lo stesso viene proposto nelle Associazioni definite “storiche”?
Le sigle associative, stando ad una ricerca effettuata nel 2011 da Attilio Greco, erano in tale anno ben 55, più della metà delle quali costituite da un solo Gruppo scout. Non escluderei che oggi esse possano essere ancora di più. Alcune non erano neppure movimenti giovanili, ma centri studi o movimenti di adulti (ad esempio collezionisti scout). Sono certo, a loro modo, un indice di vitalità – o, direi, di popolarità – del Movimento, ma in genere, piuttosto, dell’individualismo del nostro popolo e della difficoltà, anche tra gli scout adulti, di “fare squadra”, ciò che implica una rinuncia ad applicare in toto le proprie idee e un impegno a ricercare ciò che unisce anziché ciò che divide. Non pretendo di conoscere a fondo queste realtà scout, ma in quelle che ho conosciuto non sono mai riuscito a percepire una proposta veramente originale che non potesse essere accolta da un’associazione esistente.
3) Nel CNGEI una corrente di pensiero vorrebbe “rivedere” l’allegato 1 del Regolamento, che contiene nient’altro che “I Principi Fondamentali dello Scoutismo” (!). Ora, non è nostro compito commentare o giudicare questo, adesso: è però interessante sapere – e questa è la domanda- se anche a livello internazionale vi è una corrente di pensiero, un gruppo di lavoro formale o informale, una proposta o qualche decisione già presa da singoli Paesi o da gruppi di Paesi per ”rivedere” tale documento?
La risposta, almeno fin quando ho seguito la vita internazionale del Movimento e le Conferenze mondiali (cioè fino a cinque-sei anni fa) è negativa. Non esiste, che io sappia, nessuna azione in corso volta a rivedere il documento. Si tratta, del resto, di un documento che, pur essendo stato redatto 42 anni fa, accortamente si è tenuto su un piano molto generale, tenendo presente la grande varietà assunte già allora dalle applicazioni dello scautismo nei vari Paesi del mondo. Quindi quel documento mantiene una sua validità, ma per certi rispetti ha anche i suoi limiti.
Più che rivedere il documento mondiale, sarebbe utile che ogni Associazione puntasse a integrarlo o a completarlo secondo la propria visione del metodo e del Movimento. Un po’ come hanno fatto l’AGESCI col Patto Associativo e il MASCI (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani) col Patto Comunitario. Anche la FSE (gli Scout d’Europa) ha un proprio documento ideologico di base.
4) Il CNGEI definisce sé stesso “Associazione Scout Laica”. Nel far questo si collega, oggi, alle parole del fondatore Carlo Colombo che nel 1913 scriveva che: ”le scelte religiose, così come le differenze culturali e di stato sociale, sono confinate assolutamente nella sfera privata della vita di ogni scout e non possono essere elemento di divisione o di prevalenze di parti…”.
Questa posizione è stata giudicata a volte come “agnostica”, a volte come “atea”.
Quale è il tuo pensiero a tale proposito?
Questa citazione di Carlo Colombo mescola cose diverse: la “scelta religiosa” è su un piano diverso rispetto alle “differenze culturali e di stato sociale”. Invece Colombo confinò nella sfera privata non solo la religione, ma anche la politica. Era la scelta dell’esercito (tradizionale, ma in particolare riferita agli anni prima del conflitto mondiale): non si parla di politica, né di religione.
Di per sé non direi che si tratta di una scelta atea od agnostica, ma di una scelta non confessionale. Del resto i successori di Colombo reinserirono Dio nella Promessa ed alcune preghiere generiche nella vita di campo, senza che questo cambiasse il carattere non confessionale del Corpo.
Detto questo sono bene al corrente della “laicità” cui continua ad ispirarsi il CNGEI. Il punto è vedere come questa ispirazione può tradursi nelle situazioni concrete. Da membro del Comitato delle Costituzioni ho pienamente accettato la riforma della Promessa lupetto del CNGEI di qualche anno fa, che non fa più riferimento a Dio, ma alla ricerca di una realtà spirituale o di una dimensione spirituale dell’esistenza. Una riforma, del resto, pienamente in linea col documento sui “Principi Fondamentali dello Scautismo” del 1977.
5) Parliamo degli adulti scout. In Italia esiste il MASCI, di matrice cattolica, mentre una realtà laica non riesce più ad affermarsi da quando, nel 1976 il vecchio Clan Nazionale Senior del CNGEI venne, con l’approvazione del nuovo Statuto, inglobato nel “Nuovo CNGEI”.
Ritieni che la nascita di un simile soggetto sarebbe auspicabile nel Paese? Ed a tuo parere potrebbe portare qualcosa di nuovo nel panorama scout Italiano?
Da membro del MASCI mi sono battuto perché la porta di una possibile ricostituzione della FIAS (Federazione Italiana Adulti Scout) rimanesse aperta: e di fatto lo è. Da cattolico ritengo che un monopolio cattolico sia negativo, e che la rappresentanza dell’Italia affidata al solo MASCI a livello internazionale (cioè nell’ISGF-AISG, l’internazionale degli adulti) sia insufficiente e distorcente. Ma tant’è: la palla di un possibile cambiamento è nel campo del CNGEI.
6) Sempre parlando di adulti scout, il MASCI, Associazione piuttosto dinamica e conosciuta, conta circa 6.000 iscritti, ed il numero è stabile negli anni. Considerando che l’AGESCI conta oltre 30.000 capi e dirigenti, e ipotizzando un turnover “fisiologico” del 5%, ci sarebbero ogni anno 1.500 potenziali nuovi soci che non sembrano però attratti dalla suddetta Associazione.
È una cosa che a me risulta incomprensibile: qual è il tuo parere su questo fatto?
È incomprensibile anche per me.
Devi pensare che il turnover dei circa 33.000 Capi dell’AGESCI è secondo i miei calcoli di 3000-3500 persone, quindi oltre la metà dei soci del MASCI. Certo, va considerato che il Capo che lascia il servizio lo fa – escludendo il caso di crisi ideologiche o politiche – per vicende personali (matrimonio, figli, trasferimento, ingresso nel lavoro ecc.).
Ma di gran lunga prevalente, rispetto al non accoglimento della proposta MASCI, è un’altra convinzione: lo scautismo è un movimento di giovani, e il solo ruolo degli adulti è di essere Capi dei giovani o quadri (Commissari ecc.) dell’Associazione giovanile. È una convinzione assai diffusa tra persone anche profondamente buone, profondamente scout e impegnate: ma a mio avviso anche profondamente sbagliata.
Potrei moltiplicare le citazioni di B-P sullo scautismo “da 8 a 80” (ma quando ebbe 80 anni, cambiò: “da 8 a 88”). Ma preferisco riferirmi alla mia esperienza di adulti del MASCI che si inseriscono senza sforzo come testimoni significativi all’interno di Gruppi scout o in ambienti diversissimi (ad es. nella lotta contro la mafia o criminalità organizzata).
Certo c’è una differenza tra associazione giovanile e associazione degli adulti, e la differenza è politica. Ai giovani si può dire: cerca di prepararti per fare, a tempo debito, una scelta politica. Come adulto non ti prepari più a una scelta: sei chiamato a farla. Come singolo, ma anche come MASCI. La questione è molto delicata, ma necessaria. E sono lieto di vedere, dalla stampa, dai documenti e dalle attività del MASCI, come pure dagli atteggiamenti della sua dirigenza (in particolare della Presidente Sonia Mondin), che questa scelta sta venendo fuori, in molti modi.
7) Infine una domanda ”politica”. In una Europa che si sta scoprendo sempre più chiusa al prossimo e “sovranista” nelle piccole patrie, quale pensi possa o debba essere il ruolo del Movimento Scout e Guide all’interno dei singoli Paesi?
Anche qui, il Movimento è chiamato, nei vari Paesi europei, a scelte politiche.
Nella misura in cui i Paesi europei (non direi l’Europa come tale) sono chiusi al prossimo, il Movimento scout non può che essere all’opposizione: è questione di mettere in pratica la Promessa scout.
Più complessa è la tendenza sovranista, che però – per fortuna – nei vari Paesi non può sommarsi, per definizione. Ad ogni modo nella misura in cui essa si esprime, in ciascun Paese, con espressioni semplici, anzi semplicistiche, come “prima gli italiani” (o “i francesi”, o “i britannici” ecc.) essa rappresenta il contrario esatto di quello che in vari scritti ho definito come “l’internazionalismo scout”, o semplicemente del principio di fraternità contenuto nella Promessa scout e applicato alla situazione odierna. Anche qui, uno scout non può che schierarsi all’opposizione.
intervista a cura di Guido Corda – Aprile 2019
Scopri la storia del CNGEI!